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Il principio fisico

Il concetto di “elasticità” è mera astrazione. Ad es., un foglio di carta può venire assimilato ad un “piano”, trascurandone lo spessore - ma un “piano” è una mera astrazione geometrica.

Dato un materiale che si può approssimativamente assimilare ad un corpo elastico, con il passare del tempo - anche solo in ragione delle sollecitazioni ambientali (escursioni termiche, vento, agenti meteorici, etc.) – sarà sempre soggetto a progressivo “invecchiamento”, perdendo dunque in efficienza ed in prestazione.

Una struttura solida è tale proprio per i legami cristallini. La figura 1 mostra un esempio molto semplice di reticolo cristallino. In generale si danno peraltro anche configurazioni molto più complicate con atomi di elementi diversi etc.

reticolo principio fisico

 

Figura 1 – Esempio di reticolo cristallino molto elementare. Si immagini di avere la dimensione di un elettrone e di poter osservare “in diretta” la rottura dei legami cristallini ….

Nel caso di materiali che risultano da un miscuglio di componenti diversi (come leghe metalliche, graniti, cemento, calcestruzzo armato e non, etc.) vanno distinti i legami cristallini che esistono all’interno di ogni componente del miscuglio, e quelli che connettono componenti diversi. In generale i diversi tipi di legami sono diversi, e cederanno secondo una gerarchia fisica ben definita (ad es. il cemento è soggetto a lentissimi processi di diffusione interna differenziata per cui cambia la composizione chimica di alcuni suoi componenti, dunque anche le forze che li legano ed il cemento cambia così in prestazione sulla scala secolare).

Quando il materiale è soggetto ad una qualsiasi anche tenuissima sollecitazione, in generale un qualche legame cristallino cede: il materiale invecchia (tutto invecchia, e proprio mentre constatiamo ciò, abbiamo le percezione del tempo che scorre).

Ogni sollecitazione successiva causerà al rottura di ulteriori legami cristallini. La probabilità che un ulteriore legame ceda sarà maggiore là dove la struttura cristallina è già più debole, ovvero in prossimità di un legame che ha già precedentemente ceduto.

Ovvero avviene un fenomeno a catena, mentre cederanno prima i legami cristallini che sono relativamente più deboli rispetto agli altri.

Ciò comporta che la frattura dei legami avverrà secondo regole geometricamente ben definite dalla fisica della struttura considerata: ovvero (nel caso meglio noto) un cristallo si romperà secondo un piano di “sfaldamento” che è appunto il luogo geometrico di ubicazione dei legami relativamente più deboli.

La rottura di un singolo legame non dà luogo a conseguenze immediatamente rilevabili sulla prestazione del materiale. Con l’accumularsi di legami progressivi si formeranno delle fratture sempre più grandi, denominate cricche o falle etc.

Il processo si può forse rappresentare intuitivamente come in figura 2, che in effetti rappresenta una lentissima penetrazione di acqua all’interno di uno strato su scale temporale geologiche. Mutatis mutandis, una frattura avrà una configurazione molto simile a questa figura, con microcricche più piccole che per coalescenza diventano sempre più grandi.

 

Figura 2 - “Dendrite” (origine Germania)

 

frattale gio

 

Figura 2 – “Dendrite” (origine Germania) che mostra la cristallizzazione progressiva di Sali in seguito alla lentissima diffusione di acqua fra due strati. Questa (invertendo il senso di propagazione) può ben essere un’immagine espressiva che rappresenta la propagazione di microcricche e la loro evoluzione verso cricche di dimensione crescente.

La figura 3 mostra una cricca effettiva.

cricca principio fisico

 

Figura 3 – Cricca in un blocco di marmo.

 

Quando una frattura evolve all’interno del materiale, vengono rilasciati degli ultrasuoni, generalmente chiamati “emissione acustica” (AE). Fratture più piccole rilasceranno frequenze più alte, e quelle progressivamente più ampie frequenze sempre più basse, etc. Dunque un medesimo fenomeno di degrado verrà prima rilevato con frequenze più alte eppoi con altre progressivamente più basse.

Il metodo AEPS - originale e coperto da brevetto internazionale - si basa pertanto su una sorta di “lamento” rilasciato dal materiale ogni volta che un legame cede. A tal fine sono stati messi a punto algoritmi dedicati e per nulla intuitivi, e che sono stati ormai molto lungamente testati e perfezionati per applicazioni molto diversificate.

Il metodo è nato dapprima come studio di strutture naturali nella crosta terrestre. Proprio dal loro confronto con prove in laboratorio, il metodo ha infine potuto essere perfezionato e finalizzato alle applicazioni tecnologiche ed ingegneristiche.

Il confronto operativo e combinato delle interpretazioni fisiche nelle diverse situazioni in natura ed in laboratorio è risultato determinante per mettere a punto il processo conoscitivo che ha permesso di perfezionare il metodo nelle sue applicazioni tecnologiche.

Il metodo AEPS usa gli ultrasuoni. Tuttavia la sola misura del segnale appare difficilmente interpretabile, ed appare come una sorta di disturbo indesiderato e null’altro.

Innumerevoli metodi e lavori in letteratura usano gli ultrasuoni, ma utilizzati come semplice registrazione di una intensità di un segnale, generalmente senza preoccuparsi delle diverse frequenze.

Il metodo AEPS ha fra le altre tre capacità che nessuna altra applicazione (con ultrasuoni o con altre tecniche) ha mai raggiunto:

  • Misura il “tempo interno” ai processi, ovvero riconosce ciò che avviene prima da ciò che avviene dopo. Ovvero misura effetti analoghi che si riferiscono a successive perdite di prestazione del materiale, all’evoluzione temporale del processo. Si tratta di una caratteristica molto importante. Ad es. è ben noto che in particolari applicazioni - tipicamente in sismologia - non si sa distinguere un precursore di una frattura, rispetto ad un fenomeno che ne segue una precedentemente frattura.
  • Il metodo AEPS riconosce l’“effetto martello”. Ovvero, se si percuote un oggetto con un martello, il materiale sente prima la compressione dovuta all’urto del martello, eppoi avverte i fenomeni di risposta (parzialmente) elastica che portano il materiale a condizioni vicine a quelle iniziali. Il metodo AEPS distingue molto chiaramente il diverso “lamento” del materiale nel caso subisca uno sforzo imposto dall’esterno dal caso in cui si stia invece riprendendo dopo aver subito lo sforzo.
  • È stato anche possibile dimostrare come entro un qualunque oggetto solido le microcricche si propagano con una velocità di circa 10 cm/sec, con un processo che ricorda molto un “effetto domino”. Con questo è possibile riconoscere la dimensione geometrica del componente di una struttura che è in sofferenza, il che costituisce un’informazione di notevole valore per individuare i componenti di una struttura che sono maggiormente in sofferenza.

Inoltre, per estrapolazione appare molto ragionevole ritenere che con un’elettronica che registri le AE con la risoluzione del nanosecondo dovrebbe essere possibile riconoscere l’insorgere di microcricche sin dalla dimensione spaziale di alcuni atomi. Ovvero, il metodo AEPS è in grado di rilevare fenomeni su scale ampiamente submicroscopiche, il tutto passivamente grazie soltanto al “lamento” rilasciato autonomamente dal materiale. Questo potrebbe avere una grande importanza ad es. per lo studio di leghe metalliche, o del comportamento di cemento e calcestruzzo durante l’evoluzione temporale della prestazione, o per studiare l’invecchiamento delle strutture in legno, etc.

 

Riassumendo, il metodo è in grado di riconoscere come un materiale sta rispondendo alle sollecitazioni di qualsivoglia natura. Se il materiale è affidabile darà un certo tipo di risposta. Se il materiale ha subito un’usura strutturale per “invecchiamento” da “fatica” od altro, darà una risposta molto diversa, e questa cambierà nel tempo con l’invecchiamento progressivo sempre presente in ogni materiale.

Il metodo AEPS è in grado di prevedere con molto anticipo una potenziale catastrofe strutturale, consentendo tranquillamente interventi mirati e congrui o per la messa in sicurezza della struttura, o - in caso estremo - per il suo smantellamento, ma sempre ben prima che un evento catastrofico provochi danni ben maggiori.

La prevenzione è enormemente meno dispendiosa di interventi di ripristino, oltre a ridurre drasticamente sia le perdite di vite umane, sia gli incidenti sul lavoro etc.